giovedì 11 giugno 2009


Una nuova democrazia in un'Italia diversa
di Alfredo Reichlin


Dalla morte di Enrico Berlinguer è passato un quarto di secolo, e da allora tutto è cambiato: il mondo. Del comunismo si è sbiadito perfino il ricordo e l’ethos del paese è dominato da idee, culture, modi di vivere rispetto ai quali quell’uomo schivo che invocava l’austerità e che chiedeva ai giovani del suo partito di sottomettersi alla dura disciplina «dell’arido studio», sembrerebbe un alieno. Perché allora torniamo a parlarne? La verità è che – come sempre per certi anniversari - sono i problemi di oggi che ci interrogano.(...)

Berlinguer è stato l’emblema di un nodo fondamentale della storia italiana, affrontato consapevolmente (i suoi amici possono testimoniarlo) ma non risolto: quel peculiare sistema italiano quale era stato edificato dopo la Resistenza e la Costituzione e via via si era sviluppato durante la guerra fredda in un complesso gioco di equilibri interni e internazionali. Una democrazia incompiuta la quale però aveva garantito il progresso del paese. Il Berlinguer che oggi torna ad occupare i nostri pensieri assume la responsabilità della segreteria comunista come un duro dovere e in nome del rifiuto di ogni mito (iniziò citando il Machiavelli che esorta a non almanaccare su «repubbliche che non esistono»).

Ma egli era animato da una profonda convinzione: tornare a pensare la politica in funzione del fatto che le fondamenta dello Stato non si erano consolidate e che quindi ciò che era necessario non erano riforme dall’alto ma una seconda tappa di quella autentica rivoluzione democratica che tra il ’43 e il ’46 aveva trasformato l’Italietta sabauda e fascista nell’Italia repubblicana. A me sembra che stia qui il punto su cui bisognerebbe tornare a riflettere. Perché questo non era il segno del suo anacronismo ma di un problema italiano tuttora cruciale: parlo del bisogno di una politica concepita come strumento di un nuovo protagonismo delle masse sub-alterne.

Non sto parlando di movimenti di protesta ma di un vasto disegno politico basato su una diversa combinazione delle forze storiche, della formazione di un blocco culturale, dell’idea di porre la difesa e lo sviluppo della democrazia su una base più solida, su un nuovo rapporto tra dirigenti e diretti. Questo era il suo tema. Ma se di questo si trattava, era del tutto evidente che egli non poteva sfuggire alla necessità di fare i conti con le ambiguità e il modo di essere del PCI quale la generazione di Togliatti ci aveva consegnato. Bisognava uscire dalla condizione di una opposizione ambiguamente collocata tra una vecchia cultura comunista alternativa al sistema e una visione nazionale (non solo di classe) dei problemi del paese volta a rendere possibile una funzione di governo.

Lo sblocco del sistema politico creato dalla guerra fredda e la fine della democrazia dimezzata non erano più separabili dall’uscire dal campo sovietico. Di qui lo strappo. E, in coerenza, la dichiarazione sulla NATO come strumento anche di garanzia per la gestione stessa della lotta democratica.(...) Io penso che Berlinguer vada giudicato in rapporto al suo disegno politico, ovvero al modo come si misurò con il problema della democrazia italiana quale in quegli anni 70 tornò a riproporsi.

Anni drammatici segnati dal fallimento del centrosinistra, dall’inflazione a due cifre, da grandi sommovimenti sociali che investivano le scuole e le fabbriche; dall’avvento su scala mondiale di una svolta conservatrice che poneva fine al compromesso tra capitalismo e democrazia, dal terrorismo che cominciava a sparare e a uccidere. Riemergeva il grande tema della «democrazia difficile» (come la chiamò Moro) cioè delle basi fragili dello Stato italiano.(...)

Un problema cruciale e per certi aspetti analogo a quello che ancora ci assilla, era davanti a noi. Parlo del venir meno delle condizioni fondamentali che avevano reso possibile quello straordinario balzo dell’economia italiana che fu «il miracolo economico» e cioè il regime tipicamente italiano dei bassi salari, milioni di contadini che abbandonavano i loro paesi e si offrivano ai cancelli delle fabbriche, cambi fissi, una domanda mondiale crescente di beni di consumo durevoli (l’auto, i frigoriferi). È tutto questo equilibrio che saltava, con l’internazionalizzazione dei mercati e il sistema politico ne fu scosso dalle fondamenta.

Si tentò la strada del centro sinistra, il ’68 e l’autunno caldo gonfiavano le nostre vele. Si creava così – è vero - una situazione nuova favorevole al PCI ma anche altamente pericolosa perché se da un lato grandi forze spingevano verso il superamento del sistema politico bloccato dall’altro riemergevano tutte le fratture della società italiana: dalle cieche resistenze delle forze reazionarie, alla mobilitazione del sovversivismo cosiddetto di sinistra. Di tutto ciò Enrico Berlinguer fu acutamente consapevole.

La sua ossessione (posso testimoniarlo) era che essendosi rotto qualcosa di molto profondo nei vecchi equilibri italiani la situazione era arrivata a quel passaggio cruciale in cui se le spinte del paese verso il cambiamento non trovavano uno sbocco politico «avremmo subito una feroce reazione del sistema». Qui sta la ragione originaria di ciò che prese il nome di compromesso storico. L’idea di fondo era che per uscire da quel dilemma occorreva una sorta di patto costituente, il quale facendo leva sull’intesa tra i grandi partiti popolari consentisse al tempo stesso una mobilitazione di vecchie e nuove potenze sociali.

Ciò che egli chiamò una seconda tappa della rivoluzione democratica. Era un progetto forte. Ma i fatti, i duri fatti, dicono che non andò a buon fine. Tuttavia la prova tragica che quella ipotesi non era campata in aria l’ha dato il fatto che Moro è stato assassinato. E la contro prova che la posta in gioco era molto più seria di un «inciucio» tra comunisti e democristiani l’ha data il fatto che, subito dopo finisce la repubblica dei partiti. La DC viene decapitata, il PSI subisce quella metamorfosi che sappiamo e il PCI viene chiuso nell’angolo senza più una capacità di incidere nei grandi processi di ristrutturazione ormai in atto (la mondializzazione, il neo-liberismo, la rivoluzione conservatrice).

Il vuoto politico che si venne a creare era grande e molto pericoloso. Si aprì la fase della lunga transizione italiana che non so se si è chiusa ancora: il lungo travaglio volto a porre su nuove basi lo sviluppo di un paese che si europeizzava. Sono passati 25 anni da allora. È finito il 900. L’URSS non c’è più. La storia del comunismo italiano è davvero storia conclusa. Perché allora parliamo ancora di Enrico Berlinguer? Sostanzialmente, io credo, perché nella sua opera c’è ancora qualcosa di politicamente operante.

Questo qualcosa – per dirla in breve e per usare il suo lessico - io credo sia il bisogno oggettivo di un pensiero più lungo che non si affidi a una nuova filosofia della storia ma sia però capace di leggere la nuova struttura del mondo che resta in gran parte sconosciuta alle mappe di cui disponiamo. In ciò sta il senso del mio ricordo: nel bisogno di un pensiero che produca senso e che ci dica dove andiamo.

7 commenti:

gabriella ha detto...

Ieri Fini nel ricordare la figura di Berlinguer ha detto" E' UN UOMO DA AMMIRARE". ci rendiamo conto che si è capovolto il mondo.

Anonimo ha detto...

magari era più opportuno rimanere sui commenti post elezioni che pubblicare una articolo di giornale che più o meno tutti leggono. forse sono un attimo piu importanti anche come spunti di riflessione!

Flavio ha detto...

Forse il mondo è ritornato al suo posto, se capovolto lo era prima, Franceschini alcuni giorni fa, ricordando la figura di Berlinguer lo ha inserito tra i pregursori, tra PADRI FONDATORI DEL PD, insieme a Moro, Zaccagnini. Fini ricordando questa ricorrenza alla Camera per il 25° della morte ha rievocato "il Leader capace di guardare al di là degli interessi di parte, DI ESSERE STATO FIGURA CENTRALE NELLA STORIA della Repubblica" aggiungendo poi: "Berlinguer percepì il rischio della degenerazione del sistema politico e rivendicò la QUESTIONE MORALE come VALORE da CONDIVIDERE FRA I DIVERSI schieramenti politici". Berlinguer fu molto altro ancora, molti di noi aderirono al PCI, perché ammaliati da questa GENTILE ,carismatica, esile FIGURA. Io personalmente ho un ricordo indelebile; il giorno dei suoi funerali; un giorno triste, ma indimenticabile; eravamo a Roma insieme ad altri tre COMPAGNI: Cecchini Luigi Sua MOGLIE e suo Cognato; siamo partiti la mattina presto in macchina,abbiamo pranzato in casa di parenti, poi tutti al funerale. Una immensa marea di GENTE, Commossa, con i fazzoletti in mano portati continuamente agli occhi ad asciugare le lacrime che scendevano senza sosta. Una emozione incomparabile che mai più dimenticherò, eravamo giovani, ci eravamo avvicinati al PCI alcuni ani prima, perchè, appunto affascinati d questo GRANDE esile UOMO. Quegli anni difficili e nello stesso tempo esaltanti li porteremo per sempre nei NOSTRI CUORI. GRAZIE DI TUTTO ENRICO. Flavio Antinori

Anonimo ha detto...

Raccolgo il consiglio dell anonimo e torno sul tema elezioni.Siamo a Montoro il giovedì 4 giugno,comizio della lista Coppari;tra le altre cose "spacciate"(mi dispiace ma é l'unico termine che riesco ad abbinarci,e su cui tornerò in futuro,per diritto e dovere di cronaca per tutti i Filottranesi),si dice:"riqualificheremo Piazza dell'Erbe..."(forse riferendosi al fatto che era stata mantenuta in modo inqualificabile!). Martedì 9 Giugno vedo affisso :"Vendita a base d'asta Piazza dell'Erbe etc etc.."!!!!!!! E' come se a mia moglie io dicessi:"Sai cara,vorrei ristrutturare la nostra terrazza panoramica....",e nel promettere ciò,lei il giorno dopo si trovasse la sua casa venduta,compreso il permesso all'ipotetico acquirente di costruire un bel piano in più davanti alla visuale della mia terrazza! Accostamento irriverente!? .....NO!! E' esattamente quello che stà accadendo! FILOTTRANESI SVEGLIATEVI!!! A casa mia,nel precedente ed ipotetico esempio personale,sarebbero già volati dei piatti!! E noi stiamo quì a guardare!? Chiediamo di renderci conto ai nostri amministratori,che dicono che il bilancio é sano ed in attivo per più di 200.000 € !! allora a che servono questi soldi della vendita? Avete già un progetto (mi riesce innaturale accostare questo termine a questa amministrazione) a cui destinarli? E se no,perché quest'urgenza? E se sì, perchè non ne avete informato i cittadini? In fondo é una proprietà comunale e quindi di tutti! Se non erro ci avevate già provato qualche anno fà....a chi giova? Chi ne trae beneficio? La comunità? CAPITE (sic!) IL NOSTRO CONCETTO DI "AMMINISTRAZIONE PARTECIPATIVA" !?!?
Avremo mai delle risposte esaustive a queste domande?
Sig. Coppari,naturalmente io mi rivolgo a lei,è lei adesso il nostro interlocutore,e per favore,PER FAVORE,non mi venga a dire che è un'eredità della vecchia amministrazione (vedi caso variante Est),perchè lei,rappresentando la continuità della stessa,dichiarata e conclamata,se ne deve assumere tutti gli onori ma anche gli oneri,usando un modo di dire tanto caro alla illustrissima Sig.a Dott. Cav. avvocato Ivana Ballante.
Con fiducia e simpatia

Saverio Borgognoni

gabriella ha detto...

Giù le mani dal Mercato delle Erbe.

Caro Saverio un bilancio non può essere sano se rimangono inutilizzati 200.000, vuol dire che sono sbagliati i conti nel bilancio di previsione o non sono stati fatti bene i progetti. I denari che si prelevano ai cittadini debbono avere un utilizzo immediato, perché si presume che già esista un progetto definito. Altrimenti è appropriazione indebita. Gabriella

Anonimo ha detto...

Flavio, peccato che qualche anno dopo ha fatto la campagna per "FORZA ITALIA"

Flavio ha detto...

Questo spazio è stato creato da G.Luca, che ringrazio, restiamio per favore in argomento. Riguardo l'anonimo, lì dove sostiene di campagne elettorali per F.I., di chi e cosa allude, si spieghi meglio, se vuole rimanere anonimo, ALMENO SIA CHIARO!. IO MI FIRMO!!!!
Flavio Antinori