La domanda, per essere ben posta, dovrebbe essere: quanti capi di abbigliamento “costruiti” e di “qualità” sono venduti nel mondo, come espressione del Made in Italy, e quanti di questi possono essere prodotti nel distretto di Filottrano?
Filottrano nel tempo si è distinta per la “produzione” di capi di abbigliamento e quasi mai per la loro “commercializzazione” i cui risultati sono stati per lo più limitati nel tempo e anche oggi scarsamente espressivi sia in termini di quantità che di fatturato.
Dopo che il 19 maggio 1970 l'allora sindaco Isidoro Carancini, a nome di tutte le forze politiche filottranesi (D.C. - P.S.I. – P.S.U. - P.C.I. - M.S.I. - P.L.I. - P.R.I.) “ et titolare industria confezioni Orland et rappresentanza maestranze ”, aveva inviato un accorato telegramma al Governo e ai Parlamentari marchigiani, il 16 luglio 1970 il Governo (Sottosegretario di stato al Ministero dell'industria, del Commercio e dell'Artigianato Onorevole Oscar Mammì) aveva chiesto all'Eni l'incorporazione della ditta “Orland”, in grave crisi economica, dopo che con “estrema tempestività” il 20 luglio 1970 il Presidente dell'Eni (Eugenio Cefis), aveva inizialmente risposto che “ la nostra società Lanerossi non ha attualmente in corso trattative con la Ditta Orland di Filottrano al fine di esaminare la possibilità di un nostro intervento nelle Orland stessa ”, nel 1975, dopo ulteriori alterne vicende che avevano coinvolto le partecipate ENI nel settore tessile e dopo un’importante lotta unitaria, sindacale e di popolo che caratterizzerà tutto quel periodo, veniva costituita con 500.000.000.= di lire di capitale sociale la spa Confezioni di Filottrano partecipata da Tescon al 99% e Sofid all' 1%. La Confezioni di Filottrano spa ha rappresentato per molti aspetti la “storia” di Filottrano.
Nel 2025 una qualsiasi seria analisi economica della situazione nel Comune di Filottrano dovrebbe essere rispettosa delle vicende che hanno caratterizzato in questi cinquanta anni, più che in quelli precedenti, il nostro Comune, e dovrebbe evitare semplificazioni e banalizzazioni perché fuorvianti e non utili alla comprensione della situazione. Sarebbe poi opportuno evitare quindi anche generiche espressioni del tipo “ Città della sartoria industriale” e oggi ipotizzare, come soluzione del problema, addirittura collegamenti con la ZES Unica (disegno di legge n. 138 del 4 agosto 2025) di cui peraltro al momento il territorio di Filottrano non farebbe parte per la componente relativa alle “Misure di agevolazione fiscale” e alle “Semplificazioni procedurali” ma semmai solo per le agevolazioni occupazionali relative agli over 35. Tralascio ogni riferimento alle considerazioni sul fatto che “.... quando si andava in giacca e cravatta eravamo la sesta potenza mondiale”. Le stesse analisi sui dazi USA, che pur incideranno pesantemente sul made in Italy, rischiano di essere fuorvianti se si arriva a considerarle addirittura “opportunità” perché “ …. è un prodotto eccellente che non gli mette paura l'aumento”. Non citerei queste considerazioni se non fossero state espresse da un “sindaco” e da un “imprenditore” e quindi possono costituire un “orientamento”. Non servono poi “lapidi” e “portoni rossi” relativi ai tempi che furono. Non servono nemmeno gli “outlet”, la “cerimonia” e il “fatto su misura”, non perché non importanti anche se con percentuali minime sul venduto, ma perché relegate alla componente commerciale e non significative sotto l'aspetto produttivo.
Il caso vuole che sempre nel 1975 mi laureassi con il Professor Giancarlo Polidori con una tesi su “L'industria manifatturiera nella Provincia di Ancona”. Ne ho rilette alcune pagine scolorite anche dalla scrittura di quella che una volta chiamavamo “macchina da scrivere” con un nastro non proprio, a distanza di anni, indelebile. Alcune considerazioni sono ancora attuali.
Che cosa resta oggi, in particolare a Filottrano, di quel mondo e come può ancora essere considerato un elemento dello sviluppo futuro?
Resta una grande e diffusa capacità di industrializzazione dei prodotti e di produzione industriale nel campo dell'abbigliamento “costruito” soprattutto maschile. Questa capacità è stata ed è pesantemente utilizzata e “abusata” negli ultimi quindici anni dalle grandi società della moda italiane e francesi che oggi possiedono la stragrande maggioranza del mercato mondiale dell'abbigliamento.In questo senso non a caso l'azienda oggi industrialmente più evoluta e più solida (e commercialmente totalmente autonoma ma non a Filottrano dove si limita a “produrre”) è nata da quel mondo produttivo e dopo oltre quarantacinque anni ne rappresenta l'evoluzione migliore ed è l'unica che produce a Filottrano esclusivamente per la “sua” commercializzazione diretta. Forse l'Ing. Carlo Marasca avrebbe meritato una “lapide” più di altri ma del resto, meglio cosi, perché lui non l'avrebbe mai voluta. Senza l'attività di Carlo Marasca e le sue decisioni durante la crisi aziendale il gruppo Canali non avrebbe molto probabilmente radicato la sua attività industriale nelle Marche e in particolare a Filottrano. Del resto per anni l'azienda sotto l'aspetto produttivo è stata diretta dagli stessi giovani quadri provenienti dalla precedente esperienza produttiva. Tutte le altre “celebrate” esperienze, almeno sotto l'aspetto produttivo, oggi non esistono più. Certo hanno contribuito anche a diffondere capacità imprenditoriali ma oggi non esistono più dopo passaggi societari diversi che dalle Confezioni di Filottrano sono poi finiti in attività solo “commerciali”, pur importanti quanto si vuole ma oggi scarsamente rappresentative della produzione filottranese.
Tutte le altre aziende che costituiscono la struttura occupazionale della zona svolgono soprattutto un’attività a favore dei grandi marchi in larga parte con il metodo del cosiddetto “commercializzato” che impone anche altre professionalità e soprattutto una più adeguata struttura finanziaria ma che esige una nuova filiera produttiva soprattutto con l'utilizzo di strutture gestite, nelle Marche e in Italia, da imprenditori extracomunitari e con costi più limitati per motivi che in questa sede è opportuno non sviluppare. I grandi marchi, che non hanno più capacità di industrializzazione del prodotto e di produzione diretta, hanno bisogno di queste attività sulle quali scaricano però oggi prezzi di produzione non remunerativi e soprattutto la estrema flessibilità del mercato. La soluzione futura non può pertanto essere il decentramento del decentramento alla ricerca di costi sempre minori né il formalismo delle grandi aziende ormai solo “esperte” in audit sempre più esasperati e in una estensione, solo formale e parossistica, del modello 231 a parte della filiera produttiva per evitare agli amministratori delegati, e alle loro aziende, conseguenze penali come recentemente avvenuto a Milano. In sostanza a fronte di margini elevatissimi (come le indagini di Milano hanno dimostrato) lucrano su prezzi ridottissimi nelle lavorazioni e soprattutto scaricano su altri le responsabilità dell'ulteriore decentramento produttivo indispensabile per sopravvivere.
L'attività di industrializzazione del prodotto e di produzione di qualità in loco è indispensabile per il made in Italy. La delocalizzazione in paesi con minori costi della manodopera non è perseguibile soprattutto per le nostre tipologie produttive e per la estrema flessibilità della attuale produzione. Quest’attività deve essere perciò compensata in modo adeguato perché non si può continuare solo con la ricerca del costo più basso come decenni fa s’iniziò con il cosiddetto “façon” e poi si continuò in epoca “globalizzazione”. Alcune aziende, come Prada, si stanno riorganizzando in questo senso anche rilevando siti produttivi. Filottrano può avere un ruolo in futuro solo in questa direzione e questa rappresenta la migliore evoluzione del passato perché strategica nel contesto del “made in Italy” a sua volta strategico nel quadro della economia italiana anche per l'indotto che genera insieme all'arte. Made in Italy non significa infatti solo abbigliamento. Filottrano potrà poi essere il comune più rappresentativo di un distretto produttivo (non commerciale) del settore abbigliamento esteso alle aree limitrofe della Vallesina, della Val Musone e del Maceratese.
Questa prospettiva presenta però problemi con una ulteriore riduzione occupazionale ed anche, non sembri strano, con una grave carenza di manodopera qualificata che possa garantire un adeguato ricambio generazionale, non tanto sotto l'aspetto imprenditoriale, ma soprattutto sotto quello strettamente professionale. Compito della politica regionale è favorire questo processo con una seria riforma dei processi formativi a favore dei giovani che rendano attrattivo questo settore produttivo e non solo degli espulsi dal processo produttivo (over trentacinque).
Sarà poi necessaria, sempre ai fini occupazionali, un’adeguata diversificazione produttiva.
Nel settore moda potrà riguardare soprattutto, a Filottrano, l'abbigliamento femminile da sempre scarsamente presente sotto l'aspetto produttivo. Settori diversi andranno invece più favorevolmente cercati nelle aree vicine della Vallesina (Jesi) e della Val Musone (Osimo e Castelfidardo). In questo senso compito della politica regionale sarà soprattutto migliorare i collegamenti in particolare della strada provinciale 8 dopo la recente sistemazione della strada statale 362.
Filottrano potrà così continuare a essere di “moda”, cercando, ripeto, di evitare ripetitivi luoghi comuni, e potrà esserlo soprattutto sotto l'aspetto occupazionale che è la questione più importante del problema ed è quello che ci interessa di più. Per chi guarda al passato, ma pensando al futuro, oggi sarebbe opportuno un riconoscimento “formale” agli “operai e alle operaie delle confezioni”. Oggi di tutta la storia produttiva filottranese resta, infatti, solo il ruolo svolto dagli operai e dalle operaie delle “confezioni”. In questo senso forse il vero precursore da ricordare è Franco Carbonari dalla cui attività si sviluppò l’elemento industriale filottranese. Sotto l’aspetto imprenditoriale resta la acquisita capacità di gestire tutto il processo produttivo come evoluzione del façon puro. L’elemento ”commerciale” non si è mai veramente sviluppato a Filottrano e anche oggi rappresenta la parte critica del problema anche a causa degli sviluppi societari, ormai mondiali, del settore che ne impediranno, penso definitivamente, lo sviluppo anche in futuro. La commercializzazione diretta, che pur inizialmente rappresentava l'attività più significativa, oggi, dopo oltre sessanta anni dall'inizio di questa vicenda e a cinquanta anni dalla nascita della spa Confezioni di Filottrano, rappresenta ancora una quota marginale. Solo ripartendo dalla “produzione” Filottrano potrà perciò continuare a essere “di Moda” perché il “made in Italy” ha sempre più bisogno di chi produce a elevati livelli qualitativi in Italia e soprattutto ha bisogno di continuare a “conoscere” l’industrializzazione del prodotto che commercializza con successo, ma pur con sempre minori quantità, nel mondo. A Filottrano, mi ripeto, interessa quanti capi “costruiti” e di “qualità” devono essere prodotti al mondo e quanti di questi possono essere prodotti a Filottrano. Per “conoscere” e “praticare” l’industrializzazione del prodotto serve poi professionalità e la disponibilità delle giovani generazioni a considerare il settore produttivo e organizzativo della moda, e non solo quello “creativo” e “commerciale”, attraente sotto l'aspetto professionale.
Compito della politica, come unitariamente fece nel 1970, è quello di favorire questo processo che è strategico per tutto il Paese Italia, senza il quale il made in Italy cesserebbe di esistere e diventerebbe solo un “marchio”, e per il quale Filottrano, dopo cinquantacinque anni dal telegramma del sindaco Carancini e a cinquanta anni dalla costituzione della spa Confezioni di Filottrano, può continuare a svolgere un ruolo importante soprattutto grazie agli “operai e alle operaie delle confezioni” di ieri e a quelli di domani, che possono rappresentare veramente “Le Radici e le Ali” per dirla con Marino e Sandro Severini.
Roberto Pesaresi
Agosto 2025
Agosto 2025
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