“Non tutte le esigenze egocentriche delle persone diventano un diritto”. Estrapolata la frase dell’assessore regionale della sanità Ciccioli e magari non conoscendo l’oggetto della discussione si potrebbe pensare che questa non sia del tutto sbagliata, il diritto non è assoluto, la mia libertà finisce dove inizia la libertà di un altro. Ma se si pensa a cosa si riferisce la frase, l’aborto, la riflessione è molto più profonda e non è solo una questione “di corpo” o di “difesa della vita”.
Si può essere favorevoli o non favorevoli all’aborto e all’utilizzo della cosiddetta pillola del giorno dopo, come si può essere favorevoli o non favorevoli su altri temi delicati, ma questo non giustifica la ratio della nuova amministrazione regionale. Il diritto di scegliere è un diritto conquistato dalle donne e non solo, in realtà rappresenta un grande passo di civiltà in un mondo in cui la figura della donna è spesso accostata a quella di madre. Non è pensabile che l’interruzione di gravidanza sia vissuta da una donna, o anche da una coppia, come un momento facile, come scegliere di mettere un vestito piuttosto che un altro; ma soprattutto, a differenza di quanto sostenuto da Ciccioli non è regredire sulla questione aborto che ci fa guadagnare punti sui bassi tassi di natalità.
L’interruzione di gravidanza non è correlato con il basso numero delle nascite, su questo è necessario fare tre riflessioni. Dati alla mano dimostrano che prima della legge 194 molte donne morivano per interruzioni di gravidanza fatte clandestinamente, mentre se guardiamo il numero delle interruzioni queste sono scese negli anni grazie allo sdoganamento di tabù sul sesso e sui metodi contraccettivi. Seconda riflessione ancora più importante: non si fanno figli perché il sistema di welfare sociale che dovrebbe aiutare chi ha uno o più figli non funziona.
Avere un figlio costa, non solo in termini economici. Alle donne viene ancora chiesto dal datore di lavoro di non avere figli, la maternità è una perdita per le imprese, alle donne la società spesso impone di scegliere tra ciò che viene considerato (e non detto che lo sia) una buona madre o una donna in carriera. Non c’è ancora una parità di genere nella cura per i figli, soprattutto a livello culturale. Non è vero che non si fanno i figli perché c’è il diritto all’interruzione di gravidanza e credo che sia ancor più ignobile porre l’accento che togliere questo diritto ci permetta di avere lo stesso numero di figli di italiani e figli di stranieri, questa è una retorica che non solo ha una dialettica che ricorda periodi oscuri della nostra storia, ma è demagogia e soprattutto razzismo. E il razzismo, fortunatamente non è più un diritto nato da persone egocentriche che hanno avuto l’esigenza di creare guerra e morte.
Terza riflessione: viviamo un'epoca in cui l'adolescenza non ha una fine, l'immediatezza è la quotidianità, gli stimoli e le opportunità sono infinite, per cui perdiamo di vista la prospettiva e ci rendiamo conto tardi, che l'orologio biologico scorre per tutti, per cui il concepimento non diviene più così scontato ed immediato. Questo viene anche spiegato dall'aumento della richiesta di tecniche medicalmente assistite.
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