sabato 16 ottobre 2010

Scuola politica del PD a Cortona: com'è andata?

Pubblichiamo il resoconto della scuola politica del Pd che si è tenuta a Cortona.

Democrazia e Lavoro
 
Il titolo di quest’articolo riprende il tema generale che il Partito democratico ha affrontato a Cortona nei giorni dal 30 Sett. al 3 Ott. 2010. Con la terza edizione della scuola di formazione politica si va via via consolidando la prassi del confronto, dello studio e della rivisitazione, attraverso le attività di laboratorio, delle proposte programmatiche che il partito democratico mette in agenda per rispondere ai bisogni concreti delle persone.
Nel declinare alcune di queste proposte politiche affrontate a Cortona ritengo opportuno attirare la vostra attenzione sulle ragioni del nome partito democratico. In questo modo spero si possa avere un’idea globale della visione etica che ispira il partito democratico.
Dunque, perché partito democratico? Che cosa vuol dire, che cosa esprime, che cosa evoca questa scelta? Sebbene a questa domanda si potrebbe rispondere con una pluralità di voci e visioni in realtà ritengo fermo un principio di fondo: in democrazia chiunque ha diritto ad eguale considerazione e rispetto. Questa è l’isotimia dei greci, come ci ha insegnato alcuni anni fa Giovanni Sartori nel suo classico “Democrazia e definizioni”. E’l’eguale dignità della persona, nel recente lessico europeo della Carta di Nizza. L’eguale status di cittadinanza democratica.
Il principio elementare ci suggerisce che le politiche, le scelte, le norme, i nostri provvedimenti devono essere coerenti con il riconoscimento dell’eguale considerazione e rispetto dovuto a chiunque. A chiunque entro la nostra comunità politica, chiunque sia, e a chiunque nella diversità geografica del genere umano.
Il partito democratico si basa sulla priorità dell’eguale rispetto per chiunque, definendo in tal modo i principi ispiratori delle sue politiche e i requisiti che esse devono soddisfare al meglio, nello spazio che il mondo ci concede. Gli obiettivi della politica del Partito democratico consistono in quelle misure e in quei provvedimenti che tutelino l’eguale considerazione e l’eguale rispetto per chiunque, indipendentemente da un gran numero di differenze (sociali, economiche, culturali, religiose, etiche), che possono ledere e rendere a volte terribilmente e intollerabilmente la considerazione e il rispetto per chiunque.
In un mondo in cui, entro le società e tra le società, assistiamo ad una crescita vertiginosa delle ineguaglianze, abbiamo bisogno di una risposta politica. E questa, sulla base dell’assioma dell’eguale rispetto dovuto a chiunque, consiste nella gamma delle politiche miranti all’inclusione nella comune cerchia di cittadinanza, quando le differenze generano esclusione da una qualche cerchia sociale. La condivisione e la costruzione di una comune cerchia di cittadinanza è la risposta politica alla persistente produzione e riproduzione sociale, economica, culturale, etica, religiosa dei ghetti. Ed è qui che si incardina il principio fondamentale della equa eguaglianza delle opportunità. Un principio che discende dall’assioma dell’eguale rispetto e che deve rispondere e ci deve guidare in tutte quelle circostanze in cui le persone sono svantaggiate rispetto ad altre persone, senza loro responsabilità.
E’ entro questo quadro teoretico che trovano giustificazione alcune delle idee politiche che il Partito democratico ha affrontato a Cortona: prima fra tutte la legge che stabilisce legalmente un
minimo salariale. Per salario minimo legale valga la seguente definizione: «è il più basso livello di remunerazione consentita fissato dalla legge e assoggettato a sanzioni penali o altre appropriate sanzioni. I salari minimi fissati dai contratti collettivi resi generalmente obbligatori sono inclusi in questa definizione». L’idea di introdurre un pavimento minimo salariale anche in Italia (Belgio, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Slovenia e Spagna dispongono di esso) è condotta da alcuni dei parlamentari del Pd: i Senatori Finocchiaro, Ichino e Nerozza. La ratio principale, scrive la Finocchiaro, è di contrastare situazioni di indigenza e di povertà diffuse specie fra i lavoratori atipici; l’obiettivo è di garantire un compenso minimo di 1000-1100 euro. Si ipotizza inoltre di verificare con le parti sociali se tale minimo possa essere esteso anche a lavoratori dipendenti non adeguatamente protetti dalla contrattazione collettiva.
Una proposta complessiva di semplificazione del lavoro è contenuta nei due disegni di legge. N. 1872 e 1873 presentati al Senato su iniziativa del Sen. Pietro Ichino. In entrambi i d.d.l. si specifica un compenso orario minimo applicabile a tutti i rapporti di lavoro e definito su proposta del Cnel. Inoltre si fa cenno anche alla possibilità di differenziare lo standard minimo della retribuzione in relazione alle differenze del costo della vita regionale. Nella proposta del Sen. Nerozzi si giustifica invece l’introduzione del salario minimo legale sostenendo che esso è applicato in quasi tutti i Paesi OECD e nel peculiare contesto del nostro mercato del lavoro esso deve ritenersi anche uno strumento per abbattere le differenze di costo fra le diverse tipologie contrattuali e dunque scoraggiare l’utilizzo improprio delle forme più flessibili.
Fra le altre argomentazioni a favore del salario minimo devono essere ricordate anche quelle di Boeri e Perotti proposte in www.lavoce.info: “Perché è giusto introdurre un salario minimo in Italia”.
Nell’articolo si sostiene che: 

- Il salario minimo serve a proteggere le categorie più deboli che non sono rappresentate e sono a rischio di emarginazione e sfruttamento; 
- Il salario minimo sarebbe uno strumento per sollecitare l’uscita dal sommerso, a questo proposito sarebbe utile anche accompagnare il salario minimo con misure che riducano il prelievo fiscale e contributivo sui salari minimi; 
- In presenza di una legge sul salario minimo, i giudici sarebbero costretti ad applicare questa e non dovrebbero fare più riferimento ai minimi contrattuali per rendere operativo l’art.36 della Costituzione.
Riflettere sul tema del lavoro ha più di un significato. Anzitutto rimettere al centro dell’agenda politica del Pd la dignità della persona. Il lavoro infatti è la fonte di sostentamento per ogni famiglia; è il presupposto per l’educazione e la creazione di opportunità per i figli; è elemento essenziale affinché ogni progetto di vita individuale e famigliare possa trovare la sua effettiva realizzazione. Il lavoro è l’ambito dell’agire umano in cui si riversano sogni, aspettative, ambizioni, oltre che il modo dei singoli di rapportarsi con il resto della società e contribuire alle dinamiche democratiche di essa.
Prima di scadere in pensieri qualunquisti e in frasi vuote come “i partiti sono tutti uguali” io inviterei a seguire più da vicino le azioni politiche del Pd sia a livello nazionale che a livello locale. Auspico che i nostri dirigenti locali, provinciali e regionali abbiano a cuore le problematiche che anche la nostra piccola comunità politica di Filottrano si trova a dover affrontare: l’occupazione che stenta a decollare; la scuola pubblica che a fatica riesce a esercitare il suo ruolo di formazione civica; l’insostenibilità di come il paesaggio filottranese viene ad essere trasformato senza una ragione che non sia quella di favorire il profitto per il profitto anziché per una buona socializzazione e qualità della vita.


Michele Feliziani

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