lunedì 5 aprile 2010

ESERCIZI di POTERE

Parliamo della nomina degli scrutatori per le recenti regionali. Ogni seggio, oltre al presidente, nominato dal tribunale, e al segretario, scelto dal presidente, prevede la presenza di quattro scrutatori designati dall’apposita commissione elettorale. A Filottrano, che ha otto seggi e 32 scrutatori, è composta da due membri di maggioranza (Monia Santoni e Danilo Pergolesi, presidente) e uno di minoranza (Patrizia Pesaresi). La nomina a scrutatore è abbastanza ambita da ragazzi e studenti che, rendendo un servizio alla comunità, possono ricavarne qualche euro e per questo, numerosi, ne fanno richiesta.


 La nostra idea, da sempre, è quella di scegliere a sorteggio dando così a tutti la possibilità di partecipare. Speravamo che, nella sua semplicità, potesse essere considerata un principio elementare. La maggioranza è invece arrivata, come già da qualche tempo in analoghe occasioni, con una lista precompilata tentando di venderci il concetto che i fortunati (mi si passi il termine) fossero stati scelti privilegiando il “bisogno” (giovani, studenti, cassintegrati, ….). Se avrete la pazienza di scorrere la lista con una qualche attenzione (clicca qui), forse verrà anche a voi il sospetto che il criterio seguito sia stato ben altro. Quale ulteriore commento a questo ennesimo piccolo esercizio di potere condito di familismo all’italiana?

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Flamini Marco è in Francia. Cecchini Morena avrà sostituito lui anziché: Baroli Lucia? O no! Meschini Lezio ha rinunciato a favore di chi? Carletti Giuseppe non risulta ne cassaintegrato ne tantomeno giovane (1948)come mai figura tra i prescelti? Non sembra particolarmente "bisognoso" neanche: Tamantini Luca(via Schiavoni)Non più di tanti altri nemmeno vari: Carlini Ambra, Perella Giulia, Coppari Paola, Pavoni Francesca , Giampieri Michele, Stura Gionni, Valentini Jennifer, Angeletti Fabio, Pittura Lucia, Pasquini Sara... Tanto per dire quelli che si conosce.. almeno i Genitori. Lista precompilata sicuramente. Materialmente da chi? Immagino anche con il consenso della rappresentate la minoranza? O NO? Gli indizi non mancano

Anonimo ha detto...

Perchè non scrivete anche quale criterio avete usato Voi della minoranza per scegliere i Vostri scrutatori?

Dalla lista ho contato una decina di "nomi" vicini al PD, immagino che li avete estratti a sorte per dare un segnale forte alla maggioranza!!!!!!
Purtroppo i Vostri concetti non possono valere solo per le maggioranze.

Anonimo ha detto...

Continuo a non avallare gli interventi anonimi.
Certo gli anonimi avranno un ben preciso motivo di restare tali,
uno dei quali potrebbe essere la
consapevolezza di dichiarare
delle cose senza capo nè coda....

Saverio

Flavio ha detto...

Paura dei giovani di
Lidia Ravera

In Piemonte, in Veneto, in Lazio e in Campania, quattro regioni in cui il potere è passato di mano, la differenza d’età fra candidati presidente era, rispettivamente, di 24 anni, 20, 14 e 11. In tutte quelle piazze ad affermarsi è stato il candidato più giovane. La Lega vince ovunque la gara del rinnovamento generazionale. Da sempre: vi ricordate quando, nello stupore generale, una trentaquattrenne divenne presidente della Camera? Si chiamava Irene Pivetti ed era leghista. Abbandonò poi la precoce carriera per condurre trasmissioni tv e presto la vedremo all’Isola dei Famosi (il cimitero delle stelle cadenti) ma lì per lì sembrava una gran novità. Cota e Zaia, giovani maschi, sono meno eccentrici. E, come si diceva ai ventenni, «hanno tutta la vita davanti»: hanno incominciato all’età in cui si comincia, sul territorio, non hanno bisogno di una gran formazione politica perché il messaggio, da quelle parti, è elementare. Ma soprattutto: i potenti del partito li crescono, non li temono. Il centrosinistra, invece, si ostina a far correre cavalli che società meno longeve proporrebbero per la macellazione. Sani e fin troppo competenti, non hanno nessuna voglia di cedere il passo. Nel Pd, dicono le mie spie, i giovani, se non sono scimmiette ammaestrate, sono considerati mine vaganti. Come gli esponenti della società civile, come le donne non conformi. Ora, se la politica è diventata una professione, perché l’età della pensione non è stabilita per legge, come per impiegati, operai e professori? Se invece deve tornare a essere una passione, allora vinca il migliore. O la migliore. Una di quelle persone (donna o uomo) che non hanno paura di chi è nato dopo. Anzi, sanno di averne bisogno. Come i genitori intelligenti che sono grati d’essere messi in discussione. Perché aiuta a mantenersi giovani lì dove serve, in testa. E nel cuore.

Anonimo ha detto...

Clausole capestro
di Toni Jop

Realacci (Pd) ha chiesto al governo se è vero che nel contratto destinato a regolare la cooperazione franco-italiana per la realizzazione delle centrali nucleari verrebbe inserita una clausola capestro. E cioè che Roma sarebbe costretta a pagare interamente il costo degli impianti anche nel caso non venissero portati a termine. Fosse vero, non ci sarebbe contraddizione rispetto all’abilità già manifestata da questo governo in occasione di altri contratti miliardari. È successo con la storia dei vaccini anti-influenzali: ci siamo impegnati a pagare cifre stellari per milioni di dosi marcite nei magazzini: era l’influenza più benevola del secolo. Ma tengono a pane e acqua la polizia di Stato. Per loro è più importante la Legion d’Onore che i francesi hanno concesso a Scajola, per ringraziarlo del contratto nucleare che ingrasserà le finanze parigine in cambio di tecnologia già da magazzino, come i vaccini. Fanno i padroni ma sono servi. Pd, attento: sono solo lusinghe; non sanno fare riforme, sono collezionisti di ossa.
F.A.

gabriella ha detto...

Volevo far notare che, a proposito di scelta dei nominativi per gli scrutatori, esiste una normativa per cui i familiari di dipendenti pubblici e amministratori sarebbero incompatibili, addirittura per i dipendenti postali. In quasi tutti i paesi limitrofi hanno tenuto conto di ciò, a Filottrano addirittura la figlia del sindaco in passato è stata Presidente di seggio. Nulla da eccepire in quanto ad onestà ma come si dice, non continuiamo a dare "l'assogna au gattu".

Flavio ha detto...

La soria del mio aborto: il dolore e l’amore di Claudia- una Madre-

Caro Direttore,
in questi giorni si parla tanto di aborto per mezzo della Ru486. Ho letto la storia di Sara(una ragazza che ha utilizzata la pillola per non mettere in serio rischio la propria vita) e anch’io vorrei raccontare la mia storia, del mio aborto. Non ho problemi economici, né sono una ragazzina: ho 44 anni, ancora sposata dopo 20 anni e un figlio di 16. Nel settembre del 2008 ho scoperto di essere in cinta di settimane. All’inizio stupore e meraviglia, non era mai più ricapitato, poi abbiamo pensato che saremmo stati “dei nonni”, io avevo scelto anche il nome se fosse stato un maschio:Eugenio. Insomma eravamo sereni, ma c’era qualcosa che mi impediva di dirlo a mio figlio e di comunicarlo a tutti: ho una patologia autoimmune. L’ho detto solo ai famigliari più intimi. Chiamo il ginecologo che aveva seguito l’altra gravidanza. Quando ci incontrammo non lo vedo entusiasma, lo vedo freddo, ma proseguiamo la visita:tutto a posto. Quando passiamo all’ecografia mi accorgo che spegne il monitor. Mi dice di andare il giorno dopo in ospedale. Così faccio. Rifanno l’ecografia. Non sento(no) il cuore è mi dice: “Credo che la gravidanza si sia interrotta”. Mi ricoverano, controllano e mi viene detto da un altro medico che la gravidanza non era interrotta, anzi andava bene. Allora, fiduciosa, chiamo il ginecologo e lui mi guarda, lo vedo triste, si siede e mi dice:” Ho parlato con l’ematologo, lui è contrario a questa gravidanza e lo sono anch’io. Sedici anni fa eri più giovane e da quello che ho visto e per come ti conosco, non hai né la forza fisica né quella economica per far nascere questo bambino”. Il MIO bambino aveva una grave malformazione. Non ho avuto la forza di parlare, non ho preso alcuna decisione, ho fatto prendere decisioni al mio medico. Per fare un aborto hanno impiegato dieci giorni, tra i “si, nasce” e i “no, non nasce”. L’ematologo è stato categorico: no! La sera che è iniziata l’emorragia(indotta con farmaci) non ho chiamato nessuno dei miei. Sono entrata in sala operatoria da sola, perché sola ero dentro. Mi hanno addormentata e quando mi sono svegliata …. Eugenio non c’era più. Prima di addormentarmi l’ho salutato e mi sono scusata con lui, gli ho chiesto perdono e ho cercato di fargli capire che lo facevo per lui. E’ questo che va detto ai politici che parlano di aborto senza sapere di cosa si parla. Si parla di un viaggio di una vita che inizia nel corpo di una madre che sa perfettamente che qualsiasi sua decisione interrompe questo viaggio. E il dolore è lacerante. A volte conto i mesi che avrebbe avuto. Il giorno del suo presunto compleanno … lasciamo perdere. L’aborto è un dolore d’ amore. No credo ci sia donna che abortisca con leggerezza. Si dovrebbe parlare solo dopo aver provato nell’anima. Trascritto da F. A.

Flavio ha detto...

Bersani: «Riforme? Parliamo di lavoro e crisi»

Il cantiere delle riforme ha un nome. E tale cantiere si chiama Parlamento. È questo, secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, il punto di partenza da tenere ben presente prima di entrare nel merito delle questioni. A patto, però, che il confronto(dialogo) sul nuovo assetto delle istituzioni non prosciughi le energie della politica italiana che deve affrontare una riflessione complessiva sul tema della crisi, del lavoro e della politica industriale. Al forum "Libertà e benessere" organizzato a Parma dalla Confindustria, Bersani sapeva di avere di fronte una platea non completamente amica, e per rivolgersi agli industriali italiani ha tirato fuori la sua migliore faccia padana, condita da fame di produttività e buonsenso popolare: «Le famiglie italiane non discutono mica di semipresidenzialismo alla francese,(a turno unico)ma di lavoro».

«Le riforme istituzionali - ha ribadito - piaccia o non piaccia si fanno in Parlamento. Noi abbiamo presentato due progetti. Appena la maggioranza si è chiarita le idee, possiamo cominciare il confronto vero, che è cosa diversa dal dibattito che avviene nel circuito mediatico. Ma finchè non si riconosce che il problema numero uno è il lavoro sono pessimista che questa sia la volta buona». Bersani si è detto perplesso anche sulla proposta presidenzialista: «In un sistema che va verso il federalismo spinto si può affidare l'unico elemento di garanzia alla contesa politica?» Diverso, invece, il discorso sulle riforme economiche e sociali: «Per parlare di quelle vado ad Arcore anche a piedi. Ci vado con idee nuove, purchè dall'altra parte si riconosca che se hanno governato sette anni sugli ultimi nove non è che possano dare sempre la colpa agli altri». Detto questo, secondo Bersani è necessario che il Governo riconosca che è arrivato il momento di fare un dibattito serio e complessivo sui temi del lavoro, della crisi, della disoccupazione e della fiscalità: «Di fronte alla crisi -ha detto - stare fermi non è una strategia. La frusta della crisi si fa sentire in modo particolare in Italia, perchè si collega a problemi precedenti che altri avevano in misura minore e che prevede per noi un tempo più lungo di uscita».

Una crisi che finirà, secondo il leader del Pd, per avere effetti anche sui conti pubblici: «Quando Tremonti dice che ho in mente il modello greco gli ricordo che noi per due volte abbiamo riportato indietro il traghetto che andava in Grecia. Se il pavimento della crescita è così basso la finanza pubblica non può che andare in crisi ed è per questo che da due anni sollecitiamo un qualche intervento a favore di Pil, crescita o occupazione: senza questi provvedimenti la crisi dei conti pubblici sarà inevitabile». Elezioni alle porte non ce ne saranno per un pò e la preoccupazione di provare la storica impresa di attirare a sinistra i voti delle partite Iva stavolta non c'è. Ma il Pd di Bersani vuole almeno far sì che «nessuno arruoli gli imprenditori». E il segretario si è schernito nel presentarsi a una platea alla quale ha parlato tante volte in una veste nuova, invitandola a rinnovargli quella fiducia che a volte, come uomo di governo, era riuscito a incassare: «Non ho ancora capito se sia più semplice portare questa veste, ma qui si va sempre a cercare delle grane, è una malattia che qui abbiamo un pò tutti...».
09 aprile 2010

Flavio ha detto...

Laura Puppato: «Saper ascoltare i cittadini, così resistiamo al pensiero unico della Lega»
di Toni Fontanatutti gli articoli dell'autore

Piste ciclabili rosa, negozi di scarpe di tutti i colori, vessilli verdi della Lega, capannoni, centri commerciali e tanto altro. «Se la vedi t’innamori» dicono i cartelloni che accolgono i visitatori della Marca Trevigiana. Qui la Lega prende oltre il 50% dei voti «da qui - dice Laura Puppato, sindaca di Montebelluna, membro della segreteria del Pd, per due volte vittoriosa sul Carroccio - viene l’intellighenzia della Lega, qui si è formato il pensiero unico». L’attende una giornata impegnativa, tre matrimoni da celebrare, riunioni. Di primo mattino è lei ad aprire la porta del Municipio. Pensiero unico?

«Qui ottengono il massimo del consenso, sono in sella da 15 anni. Qui c’è il loro quartier generale. Da tempo sta emergendo il lato più pericoloso della Lega, quello che più preoccupa dal punto di vista democratico. “Appartenere” diventa la discriminante e crea la discriminazione. Il loro è un modello fazioso, supponente, fondato sulla mancanza di rispetto, anche a livello istituzionale». Un esempio? Lo scorso anno c’è stata una tromba d’aria che ha provocato molti danni. È venuto Bossi, il ministro Bossi. C’erano 5 sedie, le hanno occupate loro, sindaci e amministratori leghisti, Bossi ha parlato ai suoi, per i suoi, solo ai suoi. Noi, tutti gli altri, siamo stati esclusi, abbiamo assistito ad un comizio leghista.

Un altro esempio: abbiamo un liceo frequentato da 1300 allievi, premiato per quattro anni dalla Presidenza della Repubblica, una scuola d’eccellenza, che dobbiamo ospitare in quattro diversi edifici tra i quale una scuola materna e un prefabbricato. Da cinque anni aspettiamo i fondi per costruire l’istituto, ma la Provincia non risponde, ma ha invece speso 85 milioni di euro per la sua nuova sede. Strade, rotatorie, interventi vengono decisi sulla base delle loro richieste. Il resto non conta. Il potere si manifesta nel modo più spaventoso, non posso nascondere la mia rabbia». SEGUE

Flavio ha detto...

SEGUITO: Eppure lei ha sconfitto due volte la Lega. «Per prima cosa dobbiamo far partire una campagna d’informazione, direi di controinformazione, ma siccome non esiste la prima, non può esistere neppure la seconda. I giornali possono fare molto. In questi anni ho cercato di rappresentare tutti, di svolgere un ruolo di garanzia. Non ho conquistato un posto di potere, non accetto il distacco dalla gente, rispondo a tutti, parlo con tutti anche con quelli che vengono anche senza appuntamento. I cittadini devono avvertire la vicinanza con l’istituzione, partecipare, condividere i problemi. L’efficienza, che credo di aver dimostrato, è figlia della partecipazione. Loro, i leghisti, ripetono: se ascoltiamo tutti non si va avanti, decidiamo. Gli interventi, secondo loro, discendono dall’alto, a prescindere da tutto e da tutti. Ho provato a dimostrare che le cose si fanno e si fanno meglio e più rapidamente quando sono “partecipate”».

Il ruolo del Pd. «Penso che il nostro partito abbia le maggiori chances di governare il paese in futuro. Nel 2009 e nel 2010 ho girato nelle regioni del nord e in Veneto (è stata appena eletta in Regione Ndr), ho constatato che anche qui manca tutto, dalle infrastrutture alle reti telematiche, se facciamo paragoni con il centro Europa siamo la “coda del cane”. La forza del Pd sono i circoli, c’è tantissima gente che sta lavorando per farli vivere. Le primarie sono un modello del quale dobbiamo andare fieri, qualsiasi persona può partecipare alla scelta dei candidati istituzionali, può evitare che prevalga la solita tresca, tutta interna alle segreterie. Questi sono i nostri strumenti straordinari ».

Il Nord. Anche il Pd dovrebbe trasformarsi in partito federale? «Sì. Non perché qui siamo “diversi” dal resto d’Italia, ma perché questa parte del paese, che rappresenta quasi il 65% del Pil il 70% delle esportazioni, non può sentirsi esclusa, e in qualche caso, vessata mentre la Lega è al governo nazionale. Dobbiamo dimostrare che siamo in grado di fondare un federalismo politico, di aver capito l’importanza di stare sul territorio e di ascoltare. Questa è la strada per conquistare la fiducia dei cittadini. Circoli, primarie, operatività nel territorio sono i nostri punti forti. Vivere e capire il territorio sta diventando una questione di vita e di morte. Pdl e Lega governano il Veneto e l’Italia da molti anni. In Veneto la solidarietà verso il resto d’Italia è passata in termini di differenziale fiscale dai 10 miliardi del 2002 ai 17,8 del 2010.

Siccome non ci siamo arricchiti del 78%, ci siamo impoveriti del 50%. In Italia l’energia costa il 60% in più rispetto ad altri paesi europei e le aziende scappano. Il Veneto è agli ultimi posti in quasi tutti i settori: non c’è un piano energetico, non c’è neppure un piano socio-sanitario, abbiamo meno reti ferroviarie del 1930, siamo al primo stralcio della metropolitana di superficie (deliberata dal governo Prodi), le reti telematiche (banda larga) essenziali per le aziende, non ci sono.E gli amministratori leghisti, per prima cosa, pensano ad incrementare i loro redditi personali..». Lei è in contatto con i giovani del Pd? «i dirigenti si formano sul territorio. Qui manca la politica con la P maiuscola. Che cosa vuol dire fare politica? Andare alle sagre? Salire su un trattore? Inventare asini che brucano l’erba? Creare le ronde togliendo 7 euro ogni cittadino per la sicurezza complessiva?».

Anonimo ha detto...

Varese - Ai prossimi Mondiali di calcio Renzo Bossi, figlio del leader della Lega Nord, non tiferà per la nazionale di Macello Lippi. In una intervista al settimanale Vanity Fair in edicola domani, il figlio del Senatùr ha ammesso: "No, non tifo Italia". "Se non sta bene può anche andarsene dall’Italia, nessuno ne farà una malattia...", ha replicato Gigi Riva, team manager azzurro.

Alla domanda poi se si sente italiano la risposta del figlio di Bossi è stata: "Bisogna intendersi su che cosa significa essere italiano. Il tricolore, per me, identifica un sentimento di cinquant’anni fa". Renzo Bossi, 22 anni, è il primogenito di Manuela Marrone e Umberto Bossi (il leader del Carroccio ha un altro figlio, più grande, Riccardo, dal primo matrimonio). Nelle ultime elezioni regionali ha preso 13mila preferenze nella provincia di Brescia diventando il più giovane consigliere regionale mai eletto in Lombardia.

L'iscrizione all'università "In questi anni sono stati costruiti miti negativi sul mio conto: è passato il messaggio, falso, che fossi un ignorante pluri bocciato con 12 mila euro al mese di stipendio". Non è vero che è un pluri bocciato? "Mi hanno bocciato due volte. La prima avevo 15 anni, ed era il periodo della malattia di mio padre - ha spiegato Renzo Bossi - ero confuso, stordito. La seconda è stata alla maturità nel 2008. Il mio esame era viziato: la prova di matematica era diversa da quella degli altri. Infatti ho fatto ricorso al Tar e l’ho vinto. La scuola mi ha consentito di ridare l’esame orale da privatista, ma era ovvio a quel punto che volevano bocciarmi: sono andato demotivato". Ora ha smesso di studiare? "No, sono iscritto all’università, a Economia - ha continuato il figlio del Senatùr - non in Italia, perchè non voglio trovarmi i giornalisti in aula quando faccio gli esami".

La replica di Gigi Riva "Se non sta bene può anche andarsene dall’Italia, nessuno ne farà una malattia...", ha ribattuto il team manager azzurro. "E' un’affermazione stupida e grave - continua Riva - se inizia così in politica non va molto lontano. Forse ha voluto farsi conoscere dicendo qualcosa di clamoroso, di esaltante. Ma l’Italia viene prima di lui e resterà anche dopo di lui. La Nazionale è sempre adoperata fuori luogo". Per l’ex Rombo di tuono la maglia azzurra "è l’unica cosa che ancora unisce. La politica ha toccato il fondo. Nel 2006 la vittoria mondiale e il calcio hanno salvato il Paese - conclude - hanno dato un’immagine positiva in tutto il mondo, cosa che la politica non ha dato". Dal Il Giornale di oggi. Da "trota a pesce lesso?"

Anonimo ha detto...

BRAVO GIGGI RIVAAAAAA !!!!