Silvio alla roulette G8
di Denise Pardo
Prestigio internazionale. Futuro del governo. Tenuta del partito. Inchieste imbarazzanti. Per il premier il summit è la prova del fuoco. Tra declino e rilancioUn'ipotesi è la mini staffetta. Spostare Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico, al partito e sostituirlo con il triumviro Pdl Denis Verdini in rotta di collisione con Sandro Bondi. Gli scenari futuri su cui si sta applicando Silvio Berlusconi (e sui quali le varie 'correnti' tentano di convincerlo, ognuno portando l'acqua al proprio mulino) sono vari. Ma prima di scegliere la linea, la strada maestra e il tipo di regolamento dei conti c'è da superare la data chiave. Quella del G8. Il rischiatutto. Il riflettore mondiale acceso sul premier. La bilancia dove verrà pesata davvero l'entità del danno internazionale della sua immagine, dal Noemigate in poi. Ma che potrebbe anche rappresentare il nuovo punto di partenza di quella che viene chiamata dagli uomini del Cavaliere la 'fase due' del governo Berlusconi.
Al momento, tutto è cristallizzato fino alla prova del G8. Inutile porre questioni. Insensato fare domande sul futuro agli uomini del Popolo della libertà : aspettiamo il G8, è la risposta. Fino ad allora, la posta in gioco primaria è quella di superare la nottata. Dopo, ci sarà il tempo di ristabilire gli equilibri, di raffreddare i bollenti spiriti dei possibili congiurati e di depurare l'aria dei veleni interni diffusi a pieni mani. E anche di lavorare per ripristinare un'immagine decorosa del premier. Ora c'è solo da sperare che il vertice mondiale in Abruzzo, sotto il turno di presidenza dell'Italia, sia un evento privo di colpi di scena imbarazzanti e che spazzi via il terrorizzante spettro di un possibile replay dell'avviso di garanzia recapitato al Cavaliere a Napoli nel 1994 praticamente sotto gli occhi di Bill Clinton, allora presidente Usa. E del mondo intero.
Mentre il premier era in preda alla furia da giorni e giorni, Gianni Letta non ha tralasciato nessuna sede istituzionale per auspicare un G8 sereno. Per non parlare del gran lavoro del ministro degli Esteri Franco Frattini e della sua Farnesina. A sorpresa, e dopo una telefonata di buon compleanno berlusconiana, il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha chiesto una tregua nelle polemiche in nome del bene del Paese. Mentre dal procuratore di Bari Emilio Marzano arrivava la rassicurante affermazione che non era prevista nessuna audizione per il Cavaliere.
Lo stesso Berlusconi ha cominciato a viaggiare come una trottola, atterrando a sorpresa a Corfù per il vertice Nato-Russia. E avrebbe voluto fare capolino anche al summit dell'Unione africana in Libia, accanto a Gheddafi e al contestato leader iraniano Ahmadinejhad: poi la strage di Viareggio lo ha fermato. E al posto del plauso internazionale ha incassato una pioggia di fischi 'comunisti'. Nei momenti più caldi dell'inchiesta di Bari, nel pieno delle rivelazioni di escort dalla memoria e dalla lingua lunga e della pubblicazione fotografica degli sbarchi a Villa Certosa di barconi con avvenenti 'clandestine', nel più stretto entourage del Cavaliere si è persino arrivati a tentare l'asso Veronica.
Riuscire a farle dire una parola. A farle fare un'apparizione: questo era il sogno a dir poco audace, l'ipotesi più suggestiva. Poi, nuove interviste e dichiarazioni ostili all'inquilina di Macherio hanno mandato per aria i primi, timidi approcci degli emissari. La grande paura del Cavaliere era la possibile diserzione delle first lady. La cui lettura sarebbe stata devastante visto il momento e la disinvolta, a dir poco, compilation femminile intorno al presidente del Consiglio. Si sarebbe trattato di una chiara presa di posizione, di un pubblico e mondiale ludibrio: nulla di nuovo rispetto ai romanzi di William Thackeray, quando nei salotti le donne voltavano le spalle ai protagonisti. Questo era ed è tutto quello che serve, ancora, per diventare immediatamente dei paria. Non parliamo poi di chi voleva passare alla storia come il Napoleone d'Italia, come l'erede di Alcide De Gasperi, come lo statista del secolo.
In ballo con il G8, dunque. In ballo ma forse, si sospira speranzosi nel team più stretto del premier, in salvo. Il G8 è sì il vertice rischiatutto. Ma anche il possibile corridoio per sventare l'eventualità di una crisi. O se non altro per rimandarla. Certo è che l'ombra del grande vertice ha portato i potenziali e sospettati complottisti a ribadire pubblicamente da una parte la forza delle alleanze, e dall'altra la fedeltà al capo. A Madrid, Gianfranco Fini, ospite della fondazione di José Aznar, ha sottolineato quanto la maggioranza sia ampia e solida di fronte alla stampa spagnola, compreso quell''El Pais' che aveva pubblicato le foto del premier ceco Mirek Topolanek come mamma l'ha fatto e in dolce compagnia nel luna park di Villa Certosa. E pazienza se nello stesso giorno la rivista online di Farefuturo, la fondazione finiana, recensendo un libro americano sul culto dei leader, ha parlato di modello Caligola: "Il presidente della Camera non c'entra niente", hanno sostenuto i suoi uomini alle rimostranze di quelli di Berlusconi (che era a dir poco fuori di sé dalla rabbia).
Meno di ventiquattr'ore prima, c'era stata la performance di Giulio Tremonti, che aveva bollato la possibile tenuta e durata di un governo tecnico, conseguenza di ipotetiche dimissioni del Cavaliere ("Durerebbe meno di uno yogurt"). Nota curiosa: lo scenario delle sue dichiarazioni era lo stesso in cui Massimo D'Alema aveva parlato di "scosse al governo". Proprio la trasmissione 'In mezz'ora' di Lucia Annunziata che aveva fatto nascere nel Cavaliere il sospetto del complotto. Con la sua presenza e le sue affermazioni, Tremonti sottolineava il suo ruolo di garante del governo. Soprattutto alla vigilia del G8, dove il ministro dovrebbe portare il progetto di una piattaforma di regole economiche ed etiche. In molti si sono domandati: il messaggio era diretto a Berlusconi (che aveva fatto sapere di gradire) o al governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, altro possibile complottista, suo competitor? E non proprio la tazza da tè preferita dal premier per la deplorevole frequenza con cui pronuncia due parole proibite a Palazzo Chigi: "Crisi economica".
Per non parlare del fatto che, a pochi gioni dal G8, Draghi, dopo la presentazione del 'Rapporto sull'economia dell'Abruzzo nel 2008', ha avuto l'impertinenza di fare una visita alla tendopoli di Piazza d'Armi a L'Aquila, la più gremita, intrattenendosi con gli sfollati con l'atteggiamento di un leader politico.
E persino Gianni Letta, al primo posto dei papabili successori sia per Palazzo Chigi che per il Colle, da premiato dall'Amalfi Media Coast Award, ha sottolineato: "Non sono un uomo politico. Sono un uomo delle istituzioni". Anche se qualcuno ha domandato malizioso: "E cosa c'è di più istituzionale di Palazzo Chigi e del Quirinale?".
Tutto è rimandato al dopo G8. Nella bufera e in preda all'ira per le note vicende, il Cavaliere non ha deciso se e come affrontare i mal di pancia all'interno del partito (c'è chi dice che, comunque, il suo unico interesse sia solo la salvaguardia dell'azione del governo). Ma intanto le pubbliche prove di fedeltà, almeno temporanee, gli sono arrivate. Certo, non bastano a tranquillizzare del tutto il Cavaliere. Fino a quando non supererà indenne il vertice, non si sentirà perfettamente in sella. Solo mettersi al centro delle strategie dei grandi della Terra può rappresentare, almeno sulla scena internazionale, il suo bagno nel Gange. Fugato dalle conferme ufficiali anche il timore di defezioni da parte di qualche leader del G8, rimangono altre incognite. Quelle legate a un'impennata dell'inchiesta di Bari con nuove rivelazioni poco edificanti, ma anche alla gestione delle conferenze stampa con i giornalisti stranieri presenti al G8. I media esteri sono la sua spina nel fianco. Soprattutto perché nessuno finora è stato in grado di assicurargli un embargo stampa sulle domande compromettenti alle quali in patria ancora non ha risposto
(02 luglio 2009)