domenica 28 settembre 2008

Spariti?

Berlusconi dichiara come una vittoria del suo Governola risoluzione del problema rifiuto a Napoli.
Oggi però i telegiornali, hanno, e non ci potevo credere!, risollevato la questione parlando delle proteste a Chiaiano, sito della nuova discarica.
Ora mi sorge un dubbio:

  • Le nuove discariche non sono state ancora aperte
  • La costruzione di un termovalorizzatore non si fa in un paio di mesi
  • La lega non voleva in nessuna regione italiana i rifiuti di Napoli. (Mi ricordo che fece delle manifestazioni anche nelle Marche nota regione della Padania)
Allora, la "monnezza" dove è finita?
Ipotesi 1
Se l'è presa Berlusconi nelle sue ville ( e ci potrebbe stare, viste tutte quelle che ha)

Ipotesi 2
Ha chiamato mago Zurlì che con la bacchetta magica l'ha fatta sparire
Ipotesi 3
Io ho la mia idea, e non mi piace per niente, voi che ne pensate?

Nadia

venerdì 26 settembre 2008

Il primo giorno di scuola.

Come ogni anno dall’Unità d’ Italia – mi viene da scrivere così – la scuola è iniziata e sono iniziate le polemiche… Come sempre. Il fatto nuovo è che negli ultimi quindici anni le polemiche sono state sempre innescate da decisioni governative, non da proteste studentesche, come una volta (do you remember ’68?), ovvero da proteste dei genitori (caro libri ecc). No, è il governo a far notizia all’apertura dell’anno scolastico nuovo ed è così dai tempi dell’abolizione degli esami di riparazione a settembre (ministro della Pubblica Istruzione, D’Onofrio).
E’ da allora che la scuola è oggetto di provvedimenti di riforma (reali o presunti che siano) che toccano tutti gli indirizzi, ma che hanno come principale bersaglio le superiori e segnatamente i professionali e i tecnici.

Si partì dall’idea, ritenuta incontestabile, cha la scuola fosse da riformare. Primo, perché nessuno ci aveva più messo le mani dopo il filosofo G. Gentile (fascismo). Secondo, perché gli elementi innovativi introdotti nel post ’68 non erano stati inseriti in un quadro complessivo e comunque erano stati pensati come sperimentali (ed erano rimasti lì per trent’anni…). Terzo, perché la scuola italiana, eccezion fatta per le elementari, scendeva, scendeva nelle classifiche internazionali. Quarto, perché la società italiana dai tempi di Gentile era cambiata (guarda un po’…).
Chi si applicò con più metodo alla riforma della scuola italiana contemporanea fu L. Berlinguer. Introdusse innovazioni corpose, ma cadde sulla meritocrazia, ovvero sugli incentivi economici agli insegnanti più meritevoli e sul metodo per valutare il loro impegno sul lavoro. I sindacati fecero muro contro, perché gli stipendi dovevano essere tutti uguali per tutti gli insegnanti, per principio; gli insegnanti più impegnati protestarono un po’ meno, perché un po’ più di soldi faceva comodo, anche se i media sorvolarono su questo non trascurabile aspetto. L’aspetto più urtante per noi, invece, non fu il merito da accertare, col quale abbiamo dimestichezza ( se si studia e ci si impegna si prende un bel voto, no? Per noi è un ragionamento pacifico e lo applichiamo tutti i giorni agli studenti) ma il fatto che la riforma fu pensata da trenta saggi chiamati a consulto, tra i quali c’era un solo insegnante. Umiliante. Tutti gli altri erano insigni pedagoghi, degli scienziati con poca a volte nulla dimestichezza con le aule. Insomma, nessuno di loro aveva mai insegnato in un professionale o in tecnico, scuole che erano stati chiamati a riformare...

Caduto il governo, Berlinguer non venne riconfermato (troppe polemiche) e la mano passò a T. De Mauro, linguista appassionato, uomo di grande talento, l’ultimo vero Ministro della Pubblica Istruzione che non ebbe, però, maggior fortuna del predecessore: lo ricordo ancora, basta che chiuda gli occhi, accasciato sui banchi del governo, lui, uno dei maggiori intellettuali italiani, mentre tutto intorno l’aula parlamentare ribolliva…
Cadde anche quel governo lì, ma la riforma della scuola è ineluttabile e continua, anzi come la rivoluzione culturale in Cina, è permanente.
Cambiata maggioranza parlamentare, cambiato ministro (stavolta un’assicuratrice), azzerata completamente la riforma precedente se ne fece un’altra. S’incaricò uno solo dei trenta saggi di Berlinguer (non l’unico che insegnava, ovviamente) di farla lui la riforma, d’essere lui Licurgo, Solone e Clìstene in un sol uomo. Egli riscrisse tutto, o quasi; presentò la bozza, che divenne legge. Poi, però, mancando i soldi, incombendo le elezioni, tutto si bloccò. Cambiò di nuovo maggioranza parlamentare e cambiò il ministro, che apportò dei cambiamenti. Maggiore severità, innanzi tutto, il che a noi insegnanti piacque un bel po’… Modificò l’anno scolastico, ridiede allo Stato alcune competenze, piccole cose, in fondo. S’era finalmente capito che il mondo della scuola era stato sottoposto, per oltre un decennio, a una terapia intensiva che sfiorava l’accanimento e il nuovo ministro, un medico!, cercò di prescrivere meno medicine, perché la scuola, effettivamente, rischiava di morire intossicata.

Però la scuola è indubbiamente malata e cambiata maggioranza – arrivata quella che governa adesso – il nuovo ministro (questa volta un’avvocatessa), s’è messa al capezzale del paziente e ha prescritto altre medicine. “ I grembiulini per tutti alle elementari, il sette in condotta per arginare i bulli, l’abbandono dei giudizi, spesso prestampati, per tornare alla sincerità del voto: sono scelte che si possono tranquillamente condividere, che forse avrebbe dovuto fare il governo precedente e chissà perché non l’ha fatto. Ma la questione di fondo, della scarsa autorevolezza culturale della scuola temo rimanga irrisolta, e credo anche di sapere la sua doppia radice”. (Marco Lodoli, “La Repubblica”)”. Lodoli prosegue così: credevamo che la fine della scuola classista e nozionistica dei nostri padri avrebbe liberato lo studio e dato una possibilità in più a tutti, il che fu vero, ma insieme alla maggiore libertà sono entrati nella scuola anche i suoi peggiori nemici: il denaro, il successo, l’aggressività e il narcisismo, che sono i veri valori del nostro tempo, mentre la scuola dei padri predicava e praticava l’applicazione, il sacrificio, la concentrazione e lo studio solitario. L’autonomia scolastica, poi, bastione di tutte le riforme, ha trasformato i presidi (pardon, i dirigenti scolastici) in tanti imbonitori da fiera che devono vendere la loro mercanzia (il Piano dell’Offerta Formativa) per attirare clienti (studenti e genitori). La scuola come un’azienda a conduzione familiare (ci si conosce tutti), dove il capofamiglia è il preside. Ma la scuola, conclude, non è un’azienda e ha ragione. Del resto, aggiungo io, quale azienda può aspettare vent’anni (dalla prima elementare alla laurea) per vedere finito il proprio prodotto? Poi, qual è il budget dell’azienda scuola?
Alla scuola italiana, a partire dal presente anno scolastico e per tre anni scolastici, saranno tolti quasi sedicimila miliardi di lire (in lire è più chiaro)…
Questo dato numerico, credo, chiarisca molte cose. Quella fondamentale è che la scuola è un’istituzione che non può considerarsi strategica per la politica e la società italiane, altrimenti le cose, negli ultimi 15 anni, sarebbero andate diversamente. Così stanno le cose, ma l’attuale ministro ha la testa girata da un’altra parte.
A questo punto, in conclusione, noi insegnati vorremmo essere lasciati in pace. Lasciateci alle nostre aule, ai nostri stipendi, al nostro lavoro, che è un mestiere come un altro, da fare bene e che c’impone di fare di tutto e il suo contrario e a volte ci costringe anche a fare gli eroi (come ha scritto di noi insegnanti F. Merlo su “La Repubblica”).

Guido Carletti

mercoledì 24 settembre 2008

Dì la tua!


Inizia da Sant'Ignazio la campagna di ascolto del territorio del nostro circolo che toccherà tutto il paese. Un momento essenziale per capire le esigenze della popolazione e proporre un progetto di Filottrano innovativo e vincente.

Vi aspettiamo per il primo appuntamento giovedì 25 settembre alle ore 21,00 presso i locali della Parrocchia di S. Ignazio.


sabato 20 settembre 2008

Sono un fesso! (?)


Sono un assiduo frequentatore del circolo del PD di Filottrano nonché tesserato, e dalle parole del Sig. Doriano Carnevali pubblicate nell’articolo del 9 settembre del Corriere Adriatico, traggo alcune considerazioni: la prima e più importante e ahimè dolorosa è che sono un fesso!!!
Vi spiego il perché: una volta a settimana, a volta anche due, da parecchi mesi (parlo di me,altri da molto tempo prima) ci si riunisce nella piccola sede del circolo del Pd per analizzare e per fare il punto sui problemi e sui bisogni dei cittadini Filottranesi e gli argomenti principali sono stati la sanità e la variante.
Ognuno fa quel che può: c’era chi diceva di aver affisso manifesti, chi distribuito volantini, chi parlato con tecnici, chi promuoveva una sorta di referendum stando quasi tutti le settimana in piazza Mazzini, chi si informava in Provincia etc etc…e invece? Da quanto sostiene Carnevali solo lui ha fatto qualcosa! Il Pd niente, tutto quello che ho visto deve essere stato tutto un bluff!
Ognuno si faceva i fatti propri, chi mangiava la pizza, chi passeggiava in piazza, chi si beveva una birra! Ed io fesso che ci credevo al loro impegno sulla Variante. E dire che come un allocco mi prendevo la briga di affiggere qualche locandina nei locali pubblici, sentendomi partecipe di questa battagliaanti spreco e por-cittadini.!! Adesso userò la mia tessera come sottobicchiere e mi gusterò con calma anche io la mia birra attendendo che il solo e l’unico paladino della giustizia Carnevali compia la sua battaglia!! (Elettorale!).
Dall’articolo si evincono inoltre altri due dati: il primo è oggettivo ed è quello che Carnevali si autocandida come Sindaco, ma questa non è un gran sorpresa, visto che era lo sbocco naturale della creazione del Gruppo “Filottrano 2009” un programma già insito nel nome stesso! Il secondo è che lo stesso Gruppo sia la lista da battere, ma questo è un dato soggettivo penso…

Saverio Borgognoni

mercoledì 10 settembre 2008

Come si sprecano i soldi!!!


















Sarà l'avvicinarsi delle elezioni e la foga di mostrare ai cittadini le tante opere realizzate!
Ma a tutto c'è un limite!
Via Camparoli è stata asfaltata 2 mesi e mezzo fà con una spesa di circa 300 mila euro.

Come sono stati fatti i lavori?

E' mai possibile che gli operai del Comune da più di un mese sono impegnati in un lavoro assiduo di ripristino con riporti di ghiaia, rifacimento di cunette e quindi con costi aggiuntivi paurosi?

E' mai possibile che questa Amministrazione non riesca mai a concludere decentemente un lavoro sulle strade (giusto per ricordare: marciapiedi del Corso, asfaltature delle vie del centro storico, via Taverna ecc...)?

Le foto sono state scattate questa mattina, mercoledì 10 settembre.

Deciso: mando il cv all'Alitalia

Vi chiederete voi che competenze ho per essere assunta? Perché secondo voi quelli stanno lì e il Governo ha qualche competenza in merito??
Se non ricordo male il manager ALITALIA scelto da Berlusconi nel suo precedente Governo, un certo CIMOLI, prendeva come stipendio 2,8 milioni di euro all’anno! Per portare sostanzialmente al fallimento la compagnia, e non pago del suo operato chiese, e ottenne, 5 milioni di euro di liquidazione!

Io, modestamente, avrei portato la compagnia sul lastrico, chiedendo molto meno.

Ma veniamo ad oggi: in piena campagna elettorale Berlusconi, e anche i sindacati, fanno fallire l’accordo quasi raggiunto con la compagnia aerea più importante al mondo AIR France KLM.

Ora diciamo che finanziare il debito con i soldi dello stato (illegale) chiamare amici imprenditori e dire, prendetevi il meglio della Compagnia, tanto i debiti rimangono agli Italiani, strafregarsene delle regole antitrust (e dirlo con orgoglio pure ai TG) e offrire una soluzione con più esuberi e economicamente peggiore…be!
Anche in questo caso ero capace benissimo di farlo io!

L’unica cosa che non so fare è fare credere a tutti gli Italiani che questo sia l’affare del secolo.

Purtroppo in questo ambito, Berlusconi è davvero il più bravo di tutti.

PS: Che la nuova Alitalia sia una fregatura non lo dico io, ma lo sostiene anche quel famoso quotidiano, notoriamente comunista e di parte, che è Il Sole 24 Ore.

leggi l'articolo

Nadia

giovedì 4 settembre 2008

Un post tutto per il Maestro


Che ne dite di questa foto?
Ci ho messo del tempo ma la promessa alla fine l'ho mantenuta!

Ecco gli album degli ultimi eventi organizzati.


passeggiata democratica

grigliata sotto le stelle

martedì 2 settembre 2008

Festa Provinciale



Dibattiti, musica e intrattenimento. Vi aspettiamo alla festa provinciale del PD, a Jesi dal 28 agosto fino al 7 settembre.
Per conoscere il dettaglio del programma giorno per giorno:
www.pdjesi.it

lunedì 1 settembre 2008

La generazione perdente che va a destra

Ecco l'articolo di Ilvo Diamanti che ha suscitato una interessante discussione ferragostiana via mail tra i democratici di Filottrano. Allarghiamo il didattito.


RIFONDAZIONE Comunista è implosa. Prima alle elezioni politiche del 13 aprile, dove è rimasta esclusa dal Parlamento. Poi, al congresso, dove si è divisa in due pezzi quasi uguali, a sostegno dei candidati alla segreteria: Vendola e Ferrero, il vincitore.

Anche se, in effetti, il partito è assai più frammentato, perché, fin dalle origini, raccoglie molteplici componenti dell'opposizione radicale di sinistra. Una galassia ai margini del sistema politico. "Minoranza", per definizione e per vocazione. Ma, anche per questo, uno dei riferimenti politici più significativi per i giovani. I quali hanno di fronte un futuro aperto.

Amano le utopie. Pensano che sia possibile afferrare i sogni. Raggiungere "l'isola che non c'è". E cercano, inoltre, di definire la propria identità tracciando confini netti fra se stessi e gli altri. Contro padri e padroni. Per questo molti giovani hanno guardato alle posizioni più radicali della sinistra (ma anche della destra) con maggiore passione rispetto alle altre generazioni.

Oggi, però, ciò non avviene più. L'implosione (l'eclissi?) di Rifondazione Comunista è un segno, ma non il solo, del distacco dei giovani dalla sinistra. Non solo radicale, anche moderata. Si tratta della fine di un ciclo breve, che durava dall'inizio di questo decennio (millennio). Da quando, cioè, i giovani erano tornati a votare a sinistra, dopo circa trent'anni. Passata la vampata del Sessantotto, infatti, si erano raffreddate in fretta le speranze di cambiamento che avevano mobilitato ampi settori della società e, in particolare, i giovani. Frustrate dalle utopie del terrore, negli anni Settanta. Dal crollo dei muri e delle ideologie, negli anni Ottanta. Infine, in Italia, dalla fine della prima Repubblica e dei soggetti politici che l'avevano accompagnata.

Dopo la stagione dei movimenti era emersa una generazione "senza padri né maestri" (per citare il titolo di un saggio di Luca Ricolfi e Loredana Sciolla), che si era rifugiata nella "vita quotidiana" (come evoca un altro testo, scritto da Franco Garelli). La domanda di cambiamento era defluita altrove, soprattutto nella partecipazione volontaria. Un fenomeno diffuso, cresciuto a contatto con i problemi di ogni giorno.

Così i giovani erano divenuti "invisibili". Confusi nell'ambiente sociale e locale. Pur diventando appariscenti sui media. Consumatori ed essi stessi consumo. Bersagli e attori di ogni campagna pubblicitaria. Protagonisti di serial e reality televisivi. Politicamente, si erano spostati al centro. Oppure "fuori" dalla vita politica. A sinistra, invece, erano rimasti i loro genitori. Quelli della mia generazione, che nel Sessantotto avevano intorno a 18 anni. Nati dopo la fine della guerra, nei primi anni Cinquanta.

A metà strada, fra noi e i nostri figli, una "generazione perduta", come l'ha definita Antonio Scurati in un suggestivo (auto) ritratto pubblicato sulla Stampa. Nata alla fine degli anni Sessanta. Mentre la "rivoluzione" bruciava e si consumava altrettanto rapidamente. Nel 1989, vent'anni dopo, scrive Scurati, nella notte in cui cadde il muro "finì un'epoca della politica, ma per la mia generazione non n'è mai iniziata un'altra. Non a sinistra, quanto meno".

Infatti, fino alla conclusione del secolo, la classe d'età orientata a sinistra più delle altre è progressivamente invecchiata, da un decennio all'altro. I ventenni del Sessantotto. I trentenni negli anni Settanta. I quarantenni negli anni Ottanta. I cinquantenni negli anni Novanta. E via di seguito. Una generazione di nostalgici, che votano allo stesso modo, un po' per speranza, un po' per abitudine.

Solo dopo il 2000 i giovani sono tornati a sinistra. Soprattutto i "più" giovani. I miei figli. I fratelli minori di Scurati (se ne ha). In particolare gli studenti. Per diverse ragioni. La comune condizione di incertezza li ha resi inquieti. Una generazione senza futuro. La prima, nel dopoguerra, ad essere convinta (con buone ragioni) che non riuscirà, nel corso della vita, a migliorare la posizione sociale dei propri genitori. Poi, l'attacco alle torri gemelle e la guerra in Iraq. La globalizzazione economica e politica. Hanno alimentato l'insicurezza e il senso di precarietà, soprattutto fra i giovani. Che hanno "una vita davanti". Ma quale?

Li hanno spinti a mobilitarsi e a manifestare (soprattutto gli studenti). Anche per sentirsi meno soli. I (più) giovani, infine, hanno maturato una competenza comunicativa e tecnologica diffusa. Capaci di stare in contatto fra loro, senza limiti di spazio e tempo. Di sperimentare linguaggi nuovi, inediti e largamente incomprensibili agli adulti. Sono divenuti una tribù. Mischiati agli adulti, eppure separati da essi.

I (più) giovani. Quelli nati negli anni Ottanta, al tempo della caduta del muro. Quelli che non avevano conosciuto il Sessantotto, il terrorismo, la Dc e il comunismo. Quelli per cui CCCP è un gruppo di rock progressivo e Berlino una città di tendenza. Si sono spostati a sinistra. Perché dall'altra parte c'era Berlusconi. Il padrone dei media. Icona del potere nel mondo della comunicazione. A cui opporsi. Perché dall'altra parte c'erano gli amici di Bush e della guerra, ma anche i sostenitori del lavoro flessibile. Così, alle elezioni del 2001 e in quelle del 2006 i giovani hanno votato massicciamente a sinistra. Soprattutto, ripetiamo, gli studenti e i giovani con una carriera di studi più lunga.

Oggi questa stagione sembra conclusa. Era emerso anche nei sondaggi pre-elettorali, ma in misura minore a quanto si è poi verificato. Infatti, alle elezioni del 13 aprile 2008 (Sondaggio Demos-LaPolis, maggio 2008, campione nazionale di 3300 casi) appena il 31% dei giovani (fra 18 e 29 anni) ha votato per (la coalizione a sostegno di) Veltroni. Il 49%, invece, per Berlusconi.

Una distanza larghissima, superiore a quella registrata fra gli elettori in generale. Alle "estreme" dello schieramento politico, invece, la distanza fra le parti si è annullata; anzi, quasi invertita. Il 3,2% dei giovani ha votato per la Sinistra Arcobaleno, poco più (oltre il 4%) per la Destra di Storace. Una tendenza ribadita, peraltro, dal voto degli studenti. Anche fra loro la coalizione a sostegno di Berlusconi ha superato il centrosinistra di Veltroni, seppure con uno scarto più ridotto: 42% a 37%. Mentre la Destra radicale è, a sua volta, più avanti della Sinistra Arcobaleno: 6% a 4%. Vale la pena di aggiungere che Di Pietro, fra i giovani, dimostra scarso appeal. Anzi: il suo peso elettorale è più ridotto che nel resto degli elettori.

Quasi una svolta epocale, insomma. Naturalmente, la spiegazione più facile è prendersela con loro. I giovani. Sospesi fra precarietà e un mondo di veline e amici, sarebbero stati risucchiati in un nuovo riflusso "conservatore". Vent'anni addietro, a un osservazione del genere, Altan faceva replicare a Cipputi: "Mi devo essere perso il flusso progressista...". Per capire il deflusso dei giovani verso la destra e il non-voto, però, è più semplice soffermarsi sullo spettacolo offerto dalla sinistra, riformista e radicale. Il Pd, attraversato da divisioni personali e di corrente. Intorno ai soliti nomi: Veltroni, D'Alema, Rutelli. Marini.

Rifondazione: segmentata da fazioni e frazioni. Alcune che "pesano" il 3-4% in un partito stimato intorno al 2%. Pochi accenni, risaputi, evidenti a tutti. Sufficienti a comprendere perché la Sinistra non possa aiutare i 30-40enni della "generazione perduta" a ritrovarsi. Tanto meno i giovani - e gli studenti - a identificarsi. Si sentono una "generazione perdente". Perché dovrebbero affidare il proprio destino, la propria rappresentanza a una classe politica "perdente" di professione?

di ILVO DIAMANTI

I dati citati in questo articolo sono disponibili
su www.repubblica.it
e www.demos.it

(4 agosto 2008)