domenica 29 aprile 2012

Il lavoro rende liberi



"Arbeit macht frei". C’è inciso questo sopra l’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz, c’è scritto che il lavoro rende liberi.
Naturalmente non esiste un vero collegamento tra il lager nazista più famoso al mondo ed il primo maggio; ma quando ho pensato a cosa poter scrivere per onorare questa festa mi sono messo a navigare qua e là su internet. Ho scritto “primo maggio” sul motore di ricerca per vedere se ci fosse stato qualche avvenimento particolare legato a questa data, oltre al famoso sciopero del 1886 che portò alla conquista delle otto ore lavorative passando per i morti di Chicago. Ecco il primo maggio in realtà sono successe molte cose nella storia: nel 1707 è stato sancito l’atto d’unione tra Scozia, Galles e Inghilterra; nel 1863 inizia la guerra di secessione in America, nel 1869 apre le Follie Bergè;nel 1931 viene inaugurato l’Empire State Bulding, nel 1945 muore Goebbels... si suicida con la moglie il ministro della propaganda del Terzo Reich. È qui che è nata la mia associazione mentale.I comunisti sovietici ci tennero molto a liberare Berlino il primo maggio e la battaglia fu atroce. Era il loro modo per festeggiare la festa più importante dell’anno per i russi. Un simbolo.
Ora il lavoro non è più un simbolo, è un miraggio. Le otto ore e il contratto a tempo indeterminato sembrano lontane come l’isola di Pasqua, oggi dovremmo istituire la festa del precariato o meglio ancora del disoccupato, una piaga sociale che colpisce il nostro Stato, soprattutto i giovani ma non se  ne parla mai abbastanza, se non elencando un dato Istat ogni tanto su qualche Tg.
La realtà è che nel 2012 di lavoro non si parla perché fa male. Ci sono persone che vengono messe in cassa integrazione e non sanno e non capiscono perché, non capiscono perché c’è bisogno di produrre all’estero. Ci sono famiglie intere che di colpo si trovano senza lavoro. Eppure la nostra è “una Repubblica Democratica fondata sul lavoro”, lo dice la Costituzione nel primo articolo; invece ora il lavoro ci manca e per farlo ci svendiamo. È una legge economica, quella della domanda dell’offerta e, in questo mondo sotto-sopra, i poli si sono invertiti. Un tempo erano le aziende che domandavano lavoro e gli uomini e le donne lo offrivano, questa terminologia nell’uso comune si è invertita, siamo noi a domandare lavoro e loro ad offrircelo, come se non fossimo adatti, come se non fossimo all’altezza,come se non fossimo mai la persona giusta nel posto giusto. Così ci si può chiedere di essere apprendisti con 4 anni di esperienza e la laurea specialistica. Insomma ci troviamo a festeggiare un primo maggio senza la categoria protagonista: i lavoratori. È l’obiettivo di molti in questo periodo, un ossessione per qualcuno, per altri ancora un’esigenzaNon credo che il lavoro renda liberi, ma sono certa che sia una parte fondamentale della nostra vita, perché ci lascia il tempo e lo spazio per realizzarci e l’autorealizzazione è uno dei bisogni di ogni esistenza umana. Nel 1886 hanno lottato per avere il diritto a lavorare meno ore al giorno, oggi dovremmo lottare per avere una concorrenza più equa perché il mercato è globale e qui ci stiamo svendendo a ribasso, fino all’umiliazione. Dovremmo lottare per riprenderci una dignità e per darla a lavoratori nel mondo che non l’hanno mai avuta. Scrive Diego Cugia: “Un uomo solo di fronte al muro è un uomo solo, ma due uomini di fronte al muro è il principio di un’evasione”. Sediamoci insieme a guardare il muro e scopriamo la via di fuga che conduce alla dignità.

Juri Barboni, coordinatore circolo PD Filottrano.

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